Sabato 7 novembre, ore 18 

in Cattedrale

S. Cresima 2020

Finalmente, dopo il rinvio dalla primavera a causa dell’emergenza sanitaria, sabato scorso 7 novembre, 35 ragazzi della nostra Parrocchia hanno ricevuto dalle mani del nostro Vescovo il Sacramento della Confermazione.


15 NOVEMBRE 2020

XXXIII Domenica del tempo ordinario
Impiegare bene i talenti ricevuti
“Mani aperte”
Carissimi parrocchiani,
Dio Padre affida alle nostre mani tutti i beni della creazione e della grazia, ci dona il Suo Amore, il Suo proprio Figlio. Per ricevere un dono siamo chiamati ad aprire le nostre mani: una mano chiusa, rattrappita, o anche solo semichiusa non può ricevere, fa scivolare il dono. Siamo chiamati ad accogliere i doni di Dio nella nostra vita, ad aprirci alla Sua Grazia, al Suo Amore.
Consapevole del dono ricevuto sono chiamato a rendere grazie a Dio, pregando innalzo le mie mani aperte per lodarlo, per cantare le Sue Misericordie nella mia vita.
Ma il talento che mi è stato dato in dono (l’Amore che il Padre ha verso di me) è chiamato a duplicarsi nella mia risposta d’amore verso i fratelli. E allora le mani aperte sono anche e soprattutto il simbolo della generosità, della condivisione, come ci ricorda la prima lettura di questa domenica ed anche il messaggio di Papa Francesco per la IV giornata mondiale del povero (“Tendi la tua mano al povero”) che oggi celebriamo. Papa Francesco nel suo messaggio ci ricorda che: “La preghiera a Dio e la solidarietà con i poveri e i sofferenti sono inseparabili”: che la nostra fede tragga sempre più respiro da questi 2 polmoni: la preghiera e la carità!
Approfitto di questa occasione per ringraziare tutto coloro che hanno teso la mano al povero portando generi alimentari oppure offerte per i più bisognosi, chi si è reso disponibile a farsi prossimo anche di altre forme di povertà e solitudine presenti nella nostra parrocchia e non solo. Ringrazio in modo particolare le volontarie della san Vincenzo che nel silenzio e con grande generosità continuano la loro opera di carità verso i più poveri. E invito altri parrocchiani a far parte di questa associazione parrocchiale. Che bello sarà un giorno sentirsi dire: “Servo buono e fedele, entra nella gioia del tuo Signore”.
Buona domenica,                                 fra Enrico

Avviso: riprendiamo la trasmissione in diretta streaming 
(Canale Youtube della Parrocchia) 
della Celebrazione liturgica delle ore 11.


Lettura (Mt 25,14-30)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Avverrà come a un uomo che,
partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito colui che aveva
ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva
ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una
buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò
e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri
cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”.
“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto;
prendi parte alla gioia del tuo padrone”. [...]

Riflessione ambientale
È necessario saper impiegare bene i doni ricevuti da Dio, spendendoli a beneficio di tutti. Dio li distribuisce ad ognuno diversamente; sono premiati in egual misura coloro che ne hanno fatto buon uso, moltiplicandoli. Fallisce, invece, nella vita, chi non si impegna, per pigrizia o per timore ingiustificato, nell'amministrare bene ciò che gli è stato affidato.

Meditazione
La "parabola dei talenti" è uno di quei gioielli della predicazione di Gesù che ha brillato nei cuori dei discepoli, e che ha contribuito a forgiare generazioni di cristiani e di non cristiani nel giusto impiego della propria vita dinanzi all'eternità. Le letture di oggi completano questo insegnamento, ricordandoci il valore della donna laboriosa e timorata di Dio - nel Libro dei Proverbi -, la beatitudine di chi cammina nelle vie del Signore - nel Salmo -, e l'importanza di essere sempre pronti e attenti dinanzi all'arrivo del giorno del Signore - in san Paolo. Siamo, infatti, nella penultima domenica del Tempo Ordinario, prossimi all'inizio di un nuovo ciclo liturgico. Cosa ci voleva insegnare Gesù in questi discorsi, pronunciati probabilmente in prossimità della sua Passione? Il "talento" era una misura che equivaleva a circa seimila denari, cioè la paga di altrettante giornate di lavoro, una somma davvero molto consistente! Ma quali sono allora i nostri "talenti", i doni che abbiamo ricevuto da Dio? In termini molto sintetici, possiamo dire: innanzitutto il dono dell'esistenza, cioè della vita stessa, frutto di un atto di infinito amore di Dio nei nostri confronti. Prima che potessimo meritare qualsiasi cosa, siamo stati da Lui introdotti nell'esistenza. E per di più è un'esistenza destinata a non avere mai fine: dopo la vita terrena, ci attende la vita eterna. C'è poi il dono-talento della fede, che ci permette di dare pieno senso alla vita stessa, e che ci introduce al dialogo con Dio nostro Creatore e Padre, e con i nostri fratelli. Poi, ci sono i talenti "specifici", i doni particolari: le persone che Dio ha posto accanto a noi, familiari, amici e conoscenti; le qualità e i talenti naturali; i mezzi che ci mette a disposizione, e così via. Anche il tempo che Dio ci ha concesso nella nostra vita terrena è un talento prezioso: è necessario impiegarlo bene, e investirlo con coraggio, perché impiegarlo con frutto è motivo di gioia per noi e per Colui che ce lo ha donato. Non importa quanti e quali talenti possediamo, ma il modo in cui impieghiamo i talenti ricevuti, senza risparmiare niente per vano timore, per consegnare alla fine i frutti moltiplicati.                                                              A cura di P. Paolo Cerquitella, L.C.

Azione
Oggi cercherò di impiegare nel miglior modo il talento del mio tempo, cercando di fare di più in meno tempo, per amore di Dio, che me lo ha donato, e del mio prossimo.

“Tendi la tua mano al povero” (cfr Sir 7,32)
La sapienza antica ha posto queste parole come un codice sacro da seguire nella vita …
La povertà assume sempre volti diversi, che richiedono attenzione ad ogni condizione particolare: in ognuna di queste possiamo incontrare il Signore Gesù, che ha rivelato di essere presente nei suoi fratelli più deboli (cfr Mt 25,40).
… La preghiera a Dio e la solidarietà con i poveri e i sofferenti sono inseparabili … il tempo da dedicare alla preghiera non può mai diventare un alibi per trascurare il prossimo in difficoltà. È vero il contrario: la benedizione del Signore scende su di noi e la preghiera raggiunge il suo scopo quando sono accompagnate dal servizio ai poveri.
… Sempre l’incontro con una persona in condizione di povertà ci provoca e ci interroga. Come possiamo contribuire ad eliminare o almeno alleviare la sua emarginazione e la sua sofferenza? Come possiamo aiutarla nella sua povertà spirituale? La comunità cristiana è chiamata a coinvolgersi in questa esperienza di condivisione, nella consapevolezza che non le è lecito delegarla ad altri. …
… Quante mani tese si vedono ogni giorno! Purtroppo, accade sempre più spesso che la fretta trascina in un vortice di indifferenza, al punto che non si sa più riconoscere il tanto bene che quotidianamente viene compiuto nel silenzio e con grande generosità …
… “Tendi la mano al povero”, dunque, è un invito alla responsabilità come impegno diretto di chiunque si sente partecipe della stessa sorte. È un incitamento a farsi carico dei pesi dei più deboli, come ricorda San Paolo: «Mediante l’amore siate a servizio gli uni degli altri. Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso. […] Portate i pesi gli uni degli altri» (Gal 5,13-14; 6,2). … Non si tratta di un’esortazione facoltativa, ma di una condizione dell’autenticità della fede che professiamo …
… «In tutte le tue azioni, ricordati della tua fine» (Sir 7,36). È l’espressione con cui il Siracide conclude questa sua riflessione. Il testo si presta a una duplice interpretazione.
La prima fa emergere che abbiamo bisogno di tenere sempre presente la fine della nostra esistenza. Ricordarsi il destino comune può essere di aiuto per condurre una vita all’insegna dell’attenzione a chi è più povero e non ha avuto le stesse nostre possibilità. Esiste anche una seconda interpretazione, che evidenzia piuttosto il fine, lo scopo verso cui ognuno tende …
Il fine di ogni nostra azione non può essere altro che l’amore. È questo lo scopo verso cui siamo incamminati e nulla ci deve distogliere da esso. Questo amore è condivisione, dedizione e servizio, ma comincia dalla scoperta di essere noi per primi amati e risvegliati all’amore … Anche un sorriso che condividiamo con il povero è sorgente di amore e permette di vivere nella gioia. La mano tesa, allora, possa sempre arricchirsi del sorriso di chi non fa pesare la propria presenza e l’aiuto che offre, ma gioisce solo di vivere lo stile dei discepoli di Cristo.
In questo cammino di incontro quotidiano con i poveri ci accompagna la Madre di Dio, che più di ogni altra è la Madre dei poveri …
(Dal Messaggio di Papa Francesco per la IV Giornata Mondiale dei Poveri)